Viaggio a Cuba, quali libri leggere
Prima di intraprendere un viaggio a Cuba, sicuramente vorrete leggere qualcosa del Paese, il Paese caraibico più noto al mondo: non soltanto per le sue bellezze naturali, ma soprattutto per via della sua storia, tra il Che e Fidel Castro, che tanto ha influito sulla scena internazionale e nell’immaginario culturale.
Il libro ideale – su Cuba non ci sono solo le guide turistiche! – è “Cuba Resiste. Reportage da un Paese che cambia ma resta fedele alle sue radici”, dello scrittore e giornalista Massimiliano Squillace, classe 1977. Con uno stile brillante e “giovane”, Squillace ci racconta un viaggio che il protagonista ha compiuto nel 2016, anno della morte del Lider Maximo.
Grazie a queste pagine il lettore intraprende un viaggio a Cuba in lungo e in largo, che parte da Lisbona, passa attraverso uno scalo a Mosca – per rendere il viaggio più economico –, giunge a L’Avana, e porterà insieme al protagonista in città come Guantanamo, che è molto di più della base navale USA di Guantanamo Bay, dove si trova il supercarcere in cui sono rinchiuse persone accusate o condannate per terrorismo di matrice islamica. Impossibile non ricordare la celeberrima canzone “Guantanamèra”, forse la canzone cubana più conosciuta al mondo, la quale parla di una giovane e bella contadina che lavora proprio nella baia di Guantanamo: i cubani stessi la considerano una sorta di inno nazionale, che si dice in parte scritto nell’Ottocento da uno dei padri della patria, Josè Martì, leader del Movimento per l’Indipendenza cubana dalla Spagna, ucciso dall’esercito spagnolo.
Oltre a Guantanamo, il protagonista visiterà le città di Cinefuegos, Trinitad, Varadero – una delle più famose a livello turistico –, Gibara, Santa Clara e Santiago de Cuba. Dapprima ha noleggiato un’auto a L’Avana, con la quale ha percorso 2000 chilometri, poi ha proseguito in bus e a piedi, girando tutta l’isola, viaggiando su un’auto d’epoca – una di quelle che ci immaginiamo per le strade di Cuba –, datata 1946, che lo ha riportato da Santiago alla capitale per l’imbarco verso l’Italia.
Squillace, in questo viaggio, ci racconta una Cuba diversa dal passato, per esempio oggi la musica è più libera: addirittura ha potuto assistere ad un concerto dei Rolling Stones, perché il rock’n roll, simbolo del capitalismo americano, non è più bandito – lo è stata persino la band britannica per eccellenza, quella dei Beatles, finchè Fidel Castro ha riconosciuto a John Lennon una connotazione “rivoluzionaria”, “non allineata” con la politica degli Stati Uniti, che glielo ha fatto apprezzare per il suo idealismo –. Tuttavia l’autore sottolinea anche che gli Stones abbiano potuto esibirsi, dopo aver finalmente avuto il benestare del regime, perché non lanciano messaggi politici e quindi non danno fastidio.
Inoltre, grazie a Fidel Castro – bisogna ammetterlo –, i cubani oggi godono di una migliore condizione sociale rispetto a prima della Rivoluzione: hanno sanità ed istruzione gratis, elettricità e nessuno muore di fame, nemmeno i poveri. Persino i dissidenti riconoscono che Fidel è un grande della storia, della loro storia, e fa parte in qualche modo della loro cultura, come il mitizzatismo Che Guevara – di cui Massimo Squillace ammette di aver avuto da adolescente una maglietta con il suo viso stampato, della quale alla fine di queste pagine racconta la vera storia –.
Se la protagonista del libro è ovviamente Cuba, come abbiamo spiegato non stiamo leggendo una guida turistica, ma il racconto di un viaggio, che parte dall’incontro del protagonista con una ragazza di nome Kira, di madre tedesca e padre cubano – alla fine si scopre che il vero nome della giovane è Franziska –, della quale, essendosene innamorato, vorrà cercare il padre. Nelson, un uomo che, dopo la rovinosa fine del suo matrimonio, aver vissuto il dramma di numerosi padri separati a cui le ex mogli cercano di mettere contro i figli non permettendo loro di vederli, ed aver avuto un fallimento dal punto di vista lavorativo, a causa di un socio che l’aveva derubato, aveva deciso di tornare a Cuba. Anche lui racconterà al protagonista la situazione del Paese “dopo Fidel”.
Massimiliano Squillace dichiara senza mezzi termine che nessun luogo da lui visitato fin dalla prima volta in cui c’è stato – che non era quella raccontata nel libro – gli ha “rubato l’anima come Cuba”: un po’ perché aveva il mito di Che Guevara da ragazzino; un po’ perché, dalla sua prima volta nell’isola, ha “capito cosa vuol dire sorridere”: perchè sorriso dei cubani è “vero”, mai di circostanza; un po’ perché ha amato e ama il calore e la “fisicità” dei cubani nei rapporti umani; un po’ perché sono stati capaci di piangere davvero ai funerali di Fidel, sia che lo apprezzassero sia che lo criticassero: neanche anche quello era un pianto, un dolore di circostanza – come per esempio quello “esibito” dai nordcoreani ai funerali del “Caro Leader” Kim Jong-il padre di Kim Jong-un, che fino a poco tempo fa era considerato il “nemico numero uno” a livello mondiale per via della minaccia nucleare –. Ciò avveniva perchè a Cuba, racconta l’autore, ha trovato un amore unico, commovente per la patria, diverso dal campanilismo statunitense, dettato da un autentico senso di appartenenza.
Ancora, Massimiliano Squillace sottolinea l’elevato livello di sicurezza di Cuba, che secondo le Nazioni Unite è il Paese più sicuro dell’America Latina; ama l’isola anche perché qui “la musica è ovunque”: nei centri culturali ma anche per strada, con le più esotiche influenze (da quelle africane a quelle haitiane), che accompagnano i passi di danza – d’altra parte siamo ai Caraibi, no? –. Questi e tanti altri sono i motivi per amare Cuba, che amerete anche voi anche grazie a questo libro.
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