da “ma come ti vesti?” a “se mi lasci ti uccido” il passo è breve
“Sei brutta, sei grassa,come ti vesti, sembri una suora, sei piatta come una tavola, cagna, obbedisci, sei volgare, sei maschiaccio, le vere donne non fanno questo, sorridi, sii gentile, vedi che parli troppo, stai zitta, cambiati, torli quella foto dal profilo, fatti filmare mentre ti spogli, dillo che sei mia.”
Ciascuna donna sente frasi di questo tenore decine di volte prima ancora di arrivare ai diciotto anni e spesso le accade senza che mai ella stessa possa capire che il femminicidio, prima e più di che una morte, è una pratica di negazione e controllo. “Ti ammazzo” è la conclusione di un processo e diventa qualcosa di più di una minaccia solo quando tutte le altre parole e azioni hanno fatto il loro lavoro di annichilimento.
e’ questo un estratto dell’articolo
Dillo che sei mia. La trappola fatale dell’immaginario – di Michela Murgia
Pubblicato ieri sull’allegato del Manifesto “il corpo del delitto” in edicola questa settimana insieme a Il Manifesto, appunto.
60 pagine di articoli, opinioni e anche dati, sempre molto importanti per far capire che il femminicidio è una realtà, non solo italiana, ma non per questo giustificabile o accettabile.
Per capire che mancano politiche legali e sociali a sostegno delle donne che lavorano, che hanno una famiglia, ma soprattutto che manca il sostegno adeguato a chi è vittima di violenza, prima che essa diventi irreparabile, prima del tentato omicidio. Manca sostegno per chi denuncia, i fondi per i centri antiviolenza sono bloccati, e la scuola, che dovrebbe essere luogo di educazione e formazione è bloccata su un dibattito sterile su gender si o no, quando ciò che manca è una materia obbligatoria per tutti e a tutte le età che parli di costituzione, senso civico, legalità, parità uomo e donna, rispetto per il prossimo, biologia della riproduzione ed educazione sentimentale. Tutte queste cose vanno di pari passo.
Un Paese che si affida al sentito dire su facebook per capire come si usa la matita sulla scheda elettorale, che inoltra senza ritegno video umilianti su disabili e ragazzine vittime di violenza o bullismo, ha bisogno prima di tutto di una formazione culturale (non nel senso di imparare più formule in latino) e affettiva che migliori le prospettive umane degli adulti di domani e non le annichilisca ulteriormente.
L’ingerenza della Chiesa è notevole in tal senso, perchè checchè se ne dica sulle aperture di questo Papa al ruolo della donna, la donna rimane nella visione cristiana e cattolica generatrice e madre, fonte di cure e amore, mai pensabile che sia autonoma, che scelga di non generare, che decida di voler lei dirigere una Chiesa o di avere un ruolo decisionale da qualche parte. Se lo ha e se vuole farsi rispettare, è isterica. Se è un uomo, è una persona di polso invece.

Questo e molto altro sono argomenti su cui riflettere. Oggi più che mai, visto che sembra che le lotte del femminismo dei decenni passati siano dimenticate e che ogni tanto molti si sentono in diritto di rimettere in discussione la libertà di scelta nell’aborto, la parità dei diritti e della scelta sessuale, la parità mai raggiunta salariale.
Oggi più che mai, uomini di buon senso e donne devono evitare che questi argomenti finiscano nel dimenticatoio. Più se ne parla, più si attira l’attenzione, più chi governa può sentire la pressione nel fare la scelta giusta.
Oggi più che mai, “non una di meno”. a Roma, il 26 Novembre, ore 14.00 piazza della Repubblica.
Grazie per la citazione! Giulia di Un Altro Genere di Rispetto
è un piacere!